Scienziati del clima

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Silvio Gualdi, direttore della Divisione “Climate Simulation and Prediction” (CSP) del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC).

L’attività umana cambia il clima. Questi cambiamenti avvengono ad una velocità che non ha precedenti nella storia del nostro pianeta. Quello del riscaldamento globale è sicuramente un problema. E’ difficile fare una graduatoria dei problemi: la fame nel mondo, le malattie, le grandi guerre, però quella del clima è una delle grandi sfide dell’umanità, anche perché interagisce con tutte queste altre cose. Il clima influenza la nostra capacità di produrre cibo, di avere acqua.
In Italia uno dei segnali attuali del cambiamento climatico è l’intrusione sempre più frequente dell’anticiclone africano nel nostro clima. Dei quattro modelli matematici che usiamo per simulare il clima nel 2100, solo uno rimane sotto la soglia critica dei 2 gradi.

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Ho percorso l’Italia intervistando e fotografando 15 scienziati che studiano i cambiamenti climatici.

Concentrarsi su un singolo evento come lo scioglimento dei ghiacciai, le ondate di calore o le alluvioni non fa capire l’entità del fenomeno e le reali implicazioni per le nostre vite.
Per questo mi sono impegnato in un racconto corale, informato, che metta insieme diversi punti di vista scientifici.

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Centri di ricerca visitati: ISAC-CNR, Torino, Bologna, Lecce; ICTP, Trieste; ICCG, Venezia; IDPA-CNR Mestre; CMCC, Bologna, Lecce; IVALSA-CNR, Firenze; ENEA, Roma; ISPRA, Roma

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Carlo Carraro vice Presidente del gruppo di lavoro III - mitigazione dei cambiamenti climatici - dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), ritratto a Venezia dove ha a sede il Center for Climate Governance (ICCG) di cui Carraro è direttore.

Quello che stiamo osservando è che il cambiamento climatico ha e avrà sempre di più conseguenze sulla nostra qualità della vita, cioè su quanto guadagnamo, su quello che possiamo comprare, su dove possiamo vivere.
In Italia gli impatti rilevanti arriveranno tra il 2040 e il 2050, ma il fatto che non arrivino subito non significa che non sia urgente intervenire. La preparazione al cambiamento è molto lenta e costosa.
Ci sono cose molto urgenti che si possono fare senza grandi costi.
Decidere di spegnere tutte le centrali a carbone.
Eliminare tutti i sussidi ai combustibili fossili.
Lavorare sulle rinnovabili, non tanto con dei sussidi come abbiamo fatto fino ad ora quanto con un miglioramento dell’efficienza di queste tecnologie, cioè riuscire a catturare più energia e a conservarne di più. A livello internazionale le energie rinnovabili sono ancora largamente sotto finanziate dagli stati e non si capisce perché.

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Mauro Centritto, direttore dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree IVALSA-CNR

È a rischio desertificazione quasi un quinto del territorio nazionale, il 41% del quale nel Sud. In Sicilia le aree che potrebbero essere interessate da desertificazione sono circa il 70%.
Nel presente si riscontra una forte connessione tra degrado ambientale e conflitti. Boko Haram si è sviluppato attorno alla degradazione ambientale del lago Ciad che si è ridotto del 90% negli ultimi 40 anni. La Siria prima della guerra ha subito una siccità di 4 anni che ha messo in crisi soprattutto la popolazione rurale.
Una delle principali cause scatenanti delle primavere arabe del 2010 è stato il forte aumento del prezzo dei cereali nel 2008 che ha scatenato le “rivolte del pane” in Tunisia.
Per il futuro scordiamoci il cibo ad un prezzo basso.
Dobbiamo produrre più cibo per una popolazione che aumenta, e dobbiamo farlo con meno risorse. Ci riusciremo?

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Vincenzo Artale Oceanografo e climatologo dell’ENEA, era nel team di scienziati IPCC che nel 2007 ha ricevuto il premio nobel per la pace, con il ruolo di Lead Author del quarto rapporto IPCC: Ocean Observation and sea level rise.

Il mar Mediterraneo è un hot spot del cambiamento climatico. Negli ultimi anni si stanno osservando eventi climatici tipici della fascia tropicale. Lo stato atmosferico medio estivo prevede sempre meno l’anticiclone delle Azzorre e sempre di più l’anticiclone Africano.
Questo fa sì che la temperatura delle acque durante l’estate aumenti notevolmente. In autunno il calore non viene smaltito in modo lento e continuo ma in processi molto intensi. Come le forti precipitazioni a cui assistiamo sempre più spesso, che sottraggono calore al mare e riversano grandi quantità di pioggia sulle coste. Questo fenomeno è particolarmente intenso in Liguria e nel nord della Toscana.
Nel presente ci devono preoccupare gli eventi estremi che stanno aumentando di intensità. Si pensi ai Medicane, perturbazioni di tipo tropicale che ormai si verificano tutti gli anni nel Mediterraneo.
Per il futuro bisogna dire che, pur rifuggendo una risposta preoccupante, la transizione da un tipo di clima a un altro avviene in un modo molto rapido e in queste condizioni instabili il clima in poche decine di anni potrebbe cambiare radicalmente e in modo irreversibile, almeno in tempi umani.

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Carlo Barbante, direttore dell'Istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali, IDPA-CNR presso uno dei laboratori di analisi a contaminazione controllata del nuovo Campus Scientifico dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Attraverso una carota di ghiaccio lunga 3 km estratta in Antartide abbiamo ottenuto la più lunga e antica registrazione climatica mai ricavata tramite questa tecnica. Abbiamo osservato che negli ultimi 800 mila anni anidride carbonica (CO2) e temperature sono aumentate e diminuite in sincrono, e la CO2 non ha MAI superato i 300 ppm. Adesso siamo a 400 ppm. Nel 1800 prima della rivoluzione industriale, la concentrazione di CO2 era di 280 ppm.
Un aumento di 120 ppm in poco più di 100 anni oltre le soglie massime degli ultimi 800 mila anni è un dato enorme.
Quello che potrebbe accadere è di difficile comprensione, poiché il sistema climatico reagisce in modo non lineare. Adesso non fa ancora il caldo che imporrebbe una tale concentrazione di CO2, poiché le varie componenti del nostro pianeta rispondono lentamente al riscaldamento, ma potrebbe essere questione di qualche decennio. La situazione è preoccupante.

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Andamento della CO2 e della temperatura da 800 mila anni fa al 1800, secondo le rilevazioni del progetto EPICA ((European Project for Ice Coring in Antarctica). L’andamento è sincrono.

La ricostruzione è stata fatta utilizzando anche le bolle di aria intrappolata nel ghiaccio che conservano intatta la composizione atmosferica del passato come se fosse aria fossile, e alcuni isotopi presenti nel ghiaccio che tengono memoria delle temperature.
Ci sono state otto grandi oscillazioni, in cui la CO2 ha raggiunto sempre un minimo di circa 180 ppm ed erano i picchi glaciali e sempre un massimo di circa 280 ppm nei periodi più caldi.
280 ppm era anche la quantità di CO2 nel 1800 prima della rivoluzione industriale. Adesso siamo a 400 ppm.

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Simona Masina, fisica, studia il ruolo dell’oceano nel sistema climatico globale per conto del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC).

L’evidenza ormai chiara è che il calore si sta accumulando nell’oceano, c’è infatti un trend positivo di aumento del calore nei primi 700m dell’oceano dal 1971 ad oggi. Il riscaldamento oceanico e’ il processo dominante nell’aumento di energia accumulato nel sistema climatico, e spiega il 90% dell’energia accumulata dal 1971 fino ad oggi. Il riscaldamento dell’atmosfera che stiamo osservando è minore di quello che ci saremmo aspettati date le quantità di emissioni di gas serra nell’atmosfera, perché gran parte del calore è stato assorbito e si è accumulato nell’oceano.
Dobbiamo mettere maggiore impegno nel capire come ci possiamo adattare a queste nuove condizioni climatiche, il ritorno alla condizione passata non è più possibile. L’inerzia del sistema, e il calore accumulato fanno sì che anche azzerando le emissioni il riscaldamento continuerà ancora a lungo.
Non abbiamo abbastanza fisici. Facciamo fatica a trovare giovani fisici italiani da inserire nei nostri progetti di ricerca.

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Paolo Cristofanelli presso l’osservatorio climatico dell' Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR-ISAC sulla vetta del Cimone.

Da qua ci accorgiamo che l’inquinamento non ha confini. Quando l’inquinamento viene rilevato sul monte Cimone a 2165 m s.l.m. significa che ha trovato la via per raggiungere la libera atmosfera e poi da lì può diffondersi a livello globale.
L’osservatorio del monte Cimone è l’unico in Italia a far parte dei 30 osservatori globali del Global Atmosphere Watch. Il GAW è un programma dell’Organizzazione Mondiale per la Meteorologia ed ha lo scopo di valutare lo stato dell’atmosfera con l’intento di dare dati globali e affidabili a coloro che devono decidere le politiche sul clima.
I composti inquinanti per i quali sono state messe in atto delle politiche di controllo delle emissioni sono effettivamente calati in atmosfera. La CO2 invece cresce ancora.
Il riscaldamento atmosferico come l’inquinamento da gas tossici sono problemi poco percepiti dalla popolazione, forse perché l’aria è invisibile, sembrano cose eteree, distanti, quando invece hanno delle ricadute molto pratiche, si pensi ad esempio che l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha stimato (per l’anno 2005) una perdita di circa 5 milioni di anni di vita nell’Unione Europea, con un massimo proprio nell’ Italia settentrionale dovuta all’inquinamento atmosferico da particolato.

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Vista dall’osservatorio climatico dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima a 2165 m s.l.m.

Il Global Atmosphere Watch è un programma dell’Organizzazione Mondiale per la Meteorologia che ha lo scopo di valutare lo stato dell’atmosfera con l’intento di dare dati globali e affidabili a coloro che devono decidere le politiche sul clima.
I “pilastri” di questa rete di osservazione globale sono 30 osservatori situati in luoghi remoti o strategici per analizzare la situazione di fondo dell’atmosfera, cioè non direttamente perturbata dalle emissioni umane.
Uno degli osservatori globali è situato in Italia, sul monte Cimone, a 2165 metri di altezza, nell’appenino tosco-emiliano. Il suo scopo è di analizzare l’atmosfera del bacino del Mediterraneo.
Sono due le strutture che sul monte Cimone formano questo osservatorio.
Il Centro Aeronautica Militare di Montagna di Monte Cimone-Sestola che oltre a dati meteo misura la concentrazione di anidride carbonica (CO2) a partire dal 1979 e costituisce la serie storica con campionamento continuo più lunga in Europa e la seconda più lunga al mondo.
E l’osservatorio climatico italiano “Ottavio Vittori”, dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche che misura i composti climalteranti (tra cui i cosidetti Short Lived Climate Forcers, tra i quali black carbon, ozono e metano oltre ai CFC ed i loro sostituti) ed inquinanti (gas ed aerosol), la radiazione solare ed i parametri meteorologici.

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Serie storica della concentrazione di fondo di CO2 in atmosfera presso la stazione del C.A.M.M. in vetta al Monte Cimone. Si tratta di medie giornaliere misurate in parti per milione (ppm). Si nota un trend di crescita di 1.77 ppm per anno. Nel 2014 è stata registrata una media annuale di 399.50 parti per milione (ppm).

Immagine presa dal sito dell’Areonautica Militare: http://www.meteoam.it/

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Elisa Palazzi, fisica dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima di Torino, si occupa dei cambiamenti nel ciclo idrologico, il ciclo dell’acqua, nelle regioni montane.

Le montagne sono delle sentinelle del cambiamento climatico. In molti casi la temperatura delle zone montane è aumentata più rapidamente e più intensamente rispetto a quella delle aree circostanti.
E’ aumentata l’intensità e la frequenza degli eventi estremi. Nelle regioni dove pioveva già pioverà di più, dove pioveva poco pioverà di meno, questa è la tendenza.
Nella storia il clima è sempre cambiato, la differenza è che oggi sta cambiando con una rapidità estrema, ciò che avveniva in decine o centinaia di migliaia di anni oggi avviene in 100 anni. E’ un cambiamento molto rapido, quindi la capacità di adattamento richiesta, da parte dell’ambiente, degli esseri viventi, delle società, è estrema. Una delle conseguenze è la diminuzione della biodiversità. Molti animali che non hanno tempo di adattarsi si stanno estinguendo, e c’è chi parla di sesta estinzione di massa, ce ne sono state cinque nella storia della vita, le “big five” e quest’ultima secondo alcune teorie potrebbe essere causata dall’uomo e potenzialmente potrebbe portare alla sua stessa estinzione.

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Michele Brunetti, fisico e climatologo dell'Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR-ISAC, Bologna. Si occupa di ricostruire come è cambiato il clima in Italia negli ultimi due secoli attraverso il recupero e l’analisi delle antiche osservazioni meteorologiche.

L’Italia ha avuto un ruolo di primissimo piano nello sviluppo delle osservazioni meteorologiche: alcuni dei principali strumenti meteorologici furono inventati proprio da noi (il termometro di Galileo e il barometro di Torricelli) e a Firenze nacque la prima rete sinottica di osservazioni meteorologiche, l’Accademia del Cimento, istituita il 19 giugno 1657 dal Granduca di Toscana Ferdinando II de’ Medici e dal principe Leopoldo de’ Medici. Nei secoli passati quindi si è accumulato negli archivi Italiani un enorme patrimonio di osservazioni meteorologiche.
Dal 1800 ad oggi in Italia la temperatura è cresciuta mediamente di un decimo di grado ogni dieci anni, con un forte incremento del tasso di crescita negli ultimi decenni: se stimato a partire dal 1951 il trend risulta di +0,25 °C/decennio e dal 1979 a oggi di +0,44 °C/decennio, che è un dato molto elevato.
Se confrontiamo il trend osservato a livello Italiano con quello che è il trend medio a livello globale, ci accorgiamo che da noi le temperature sono cresciute più rapidamente (una volta e mezzo rispetto alla media di tutte le terre emerse). L’intera area Euro-Mediterranea risulta essere una delle più sensibili al cambiamento climatico tanto che anche per il futuro, l’aumento di temperatura previsto sembra essere più pronunciato rispetto a molte altre aree del pianeta.
Ciò che preoccupa non è il valore assoluto delle temperature di oggi, ma la rapidità di crescita degli ultimi decenni collegata alla rapidità di crescita dei gas serra in atmosfera.
Dobbiamo prendere coscienza del fatto che il clima sta cambiando e che il futuro non sarà una replica statistica del passato, dobbiamo quindi rivalutare quanto le nostre infrastrutture e la nostra gestione delle risorse siano adeguate a questo cambiamento.
Per questo motivo è necessario che l’informazione climatica passata e futura sia resa disponibile in una forma fruibile alla società nel suo complesso e non solo al mondo scientifico.

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Florence Colleoni per il CMCC si occupa di ricostruire l’evoluzione dei climi passati molto remoti per determinare il processo che ci ha portato al clima di adesso a partire da 5 milioni di anni fa.

Guardando il clima passato possiamo vedere a cosa potrebbe assomigliare lo stato di equilibrio che raggiungerà la terra in futuro quando le emissioni si assesteranno. Per esempio, guardando i climi caldi remoti come il Pliocene (5-3 millioni di anni fa), l’Eocene (50 millioni di anni fa) e il Cretaceo (110 millioni di anni fa) che sono periodi in cui la concentrazione di gas serra era simile o più elevata di quella attuale.
Cinque milioni di anni fa nel Pliocene la concentrazione di CO2 era simile a quella odierna, il clima era mediamente caldo e più umido e quasi senza ghiaccio ai poli quindi con il livello del mare più alto, 25 m in più di oggi.
Il clima ha una sua variabilità naturale, il problema è che ciò che avveniva in centinaia di migliaia di anni oggi sta avvenendo in poche decadi. Non sappiamo qual è la risposta del sistema ad un cambiamento così rapido.
Prevederlo è difficile perche non ci sono analoghi nella storia del pianeta ad un riscaldamento così veloce.
Se non ci fosse stato l’impatto umano il trend naturale dei prossimi secoli sarebbe dovuto essere di raffreddamento.
Abbiamo modificato la variabilità naturale del clima e questo processo non si può fermare immediatamente a causa delle memorie climatiche che rimangono intrappolate nelle varie componenti, gli impatti li vedremo nelle prossime decadi e nei prossimi secoli.

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Manutenzione al supercomputer Athena. Centro di Supercalcolo del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici di Lecce. Athena è il supercomputer più potente d’Europa dedicato esclusivamente alla ricerca climatica.

Giovanni Aloisio, direttore del Centro di Supercalcolo: "abbiamo battezzato questo supercomputer Athena, che con i suoi 7712 cores è in grado di erogare una potenza di picco di 180mila miliardi di operazioni al secondo, e serve a far girare i modelli climatici elaborati dalle altre divisioni del CMCC ed è il computer più potente d’Europa dedicato esclusivamente alla ricerca climatica.
Riuscire a far fare sinergia tra i ricercatori a livello nazionale e internazionale è l’unico modo per arrivare a risultati più grandi.
Un esempio di sinergia è rappresentata dalla “Earth System Grid Federation”, che è una associazione spontanea formatasi tra Centri di Supercalcolo a livello internazionale per far sì che, tutte le volte che si fanno gli esperimenti climatici, i dati delle simulazione siano resi disponibili anche per le altre comunità di ricercatori"

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Daniele Contini istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR-ISAC presso l’Osservatorio Climatico Ambientale di Lecce di cui è responsabile.

Gli effetti dei gas sul clima sono ormai abbastanza noti, i cosiddetti gas serra riscaldano l’atmosfera perché trattengono la radiazione solare. Invece gli effetti del particolato atmosferico sulla salute e sul clima sono ancora in gran parte ignoti.
Lo scopo di lungo periodo di questa stazione è valutare l’influenza sulla composizione dell’atmosfera delle particelle naturali, generate per la maggioranza dal mare e dal deserto del Sahara e di quelle derivanti dalle emissioni umane. Le polveri naturali in genere sono più grandi e quindi generalmente meno dannose per l’uomo e anche per il clima perché hanno meno contenuto di carbonio ed un maggiore potere raffreddante sul clima rispetto alle particelle antropiche con maggiore contenuto di carbonio. Le polveri con più carbonio (black carbon) tendono ad assorbire il calore e quindi a riscaldare l’atmosfera. Inoltre, queste polveri quando si depositano sui ghiacciai accelerano creano un effetto “darkening” della superficie accelerando il processo di scioglimento.

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Franco Desiato responsabile del settore clima e meteorologia applicata dell’ISPRA.

Da 10 anni pubblichiamo il rapporto “Gli indicatori del clima in italia” in cui sono presentati i dati statistici e le tendenze del clima in Italia attraverso indicatori rappresentativi sia dei valori medi che degli estremi climatici, come ad esempio le onde di calore, le notti tropicali, ecc.
Uno degli utilizzi più importanti del nostro lavoro riguarda la elaborazione della Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici di cui è responsabile il Ministero dell’Ambiente. E’ previsto un aumento significativo del numero e della durata delle onde di calore.

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Riccardo De Lauretis, statistico, responsabile dell’inventario nazionale delle emissioni e degli assorbimenti in atmosfera.

Il trend delle emissioni è stato in crescita fino al 2004 e poi in calo, prevalentemente per due fattori: la crisi economica che ha fatto calare la produzione e l’aumento dell’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia.
Le emissioni totali di gas ad effetto serra (anidride carbonica, metano, protossido di diazoto, trifloruro di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi, esafluoruro di zolfo) in Italia si riducono nel periodo 1990-2013 del 16,1%
Purtroppo fino ad oggi in termini di riduzione delle emissioni ci siamo limitati ad adottare le politiche comunitarie, manca una politica di mitigazione nazionale strutturata sul lungo periodo.

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Filippo Giorgi, capo della sezione Earth System Physics del International Centre for Theoretical Physics (ICTP) di Trieste. Era nel team di scienziati IPCC che nel 2007 ha ricevuto il premio nobel per la pace, con il ruolo di vice presidente del gruppo di lavoro I: aspetti fisici e scientifici del cambiamento climatico.

Vorrei soprattutto sottolineare tre fenomeni principali legati al riscaldamento globale, che sono in atto e che continueranno nelle prossime decadi.
1. Intensificazione del ciclo idrologico: le piogge si vanno facendo più intense e meno frequenti, questo aumenta sia il rischio di alluvioni sia il rischio di siccità
2. Innalzamento del livello del mare: questo è uno dei problemi più gravi. Le zone costiere si vanno sempre più popolando, specialmente nei paesi in via di sviluppo.
3. Lo scioglimento dei ghiacciai: i ghiacciai rappresentano i serbatoi d’acqua per miliardi di persone. Inoltre i ghiacciai riflettendo la luce solare tendono a raffreddare l’atmosfera.

L’area del Mediterraneo è una delle più esposte. Più o meno tutti i modelli ci dicono che sul Mediterraneo ci si aspetta un riscaldamento superiore alla media globale e una forte diminuzione di pioggia e un generale inaridimento.
Da adesso in poi non si possono prendere decisioni importanti a livello di sviluppo senza prendere in considerazione il riscaldamento globale.

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